Verso le previsioni mitorologiche


Tratto da: ARPA Emilia-Romagna, Servizio Idro-Meteo-Clima, a cura di Mauro Bompani

MinossePer primo è arrivato Scipione, estratto dalla storia romana (per la verità erano due: l’Africano e l’Emiliano, ma si intende quasi sempre il primo); poi, è seguito Caronte: dalla Divina Commedia, e siccome è proprio all’inizio dell’Inferno, anche gli ex-studenti più svogliati lo ricordano; terzo è arrivato Minosse: dal mito greco-cretese alla psicoanalisi, passando per opere teatrali e letterarie, più o meno è noto a tutti. Negli ultimi giorni, la controtendenza: Circe, maga che irretì il navigante Odisseo e che - chissà perché - dovremmo associare a temperature più miti (l’aggettivo, non il sostantivo). Comunque, l’altra metà del cielo è finalmente stata rappresentata anch’essa nella nouvelle vague delle previsioni meteorologiche (o mitorologiche?) “personalizzate” di questa estate.

Ma come mai? I motivi sono tanti: anzitutto “l’esecranda sete dell’oro” (così anche noi, citando Virgilio, ci mettiamo all’altezza dei tempi). “D’estate fa caldo” non è una notizia; “arriva Caronte che batterà ogni record di temperatura”, invece sì. “Una perturbazione da Nord porterà violente piogge” ci dice che cambierà bruscamente il tempo, ma “Circe maga cattiva devasterà città e campagne” va sulle prime pagine, nei titoli dei TG e - soprattutto - si trasforma molto facilmente in un tweet o in un sottopancia o in un banner. Che rendono, e rendono bene, e che ci conducono alla seconda causa di questo fiorire storico-letterario-mitologico attorno alle previsioni meteo: le tecnologie.

Sempre più persone si informano sul tempo che farà utilizzando i dispositivi mobili: gli smartphone, i tablet. Si prevede che rapidamente i telefoni “intelligenti” (smart, appunto) corredati di app, connessioni veloci a siti web semplificati, ecc. supereranno ogni altro strumento di collegamento alla grande rete mondiale. Il mondo ormai si conosce digitalmente, a pollici e indici: da 3 a 10 l’ampiezza dei primi, che misurano gli schermi, sempre gli stessi due i secondi, quelli delle mani che sfiorano le tastiere virtuali degli schermi

CirceSi crea così la terza componente che favorisce la banalizzazione e l’imprecisione del mondo dell’informazione: superficialità e varietà estreme. Senza immagini forti, personalizzazione, urla mediatiche non si raggiungono le grandi quantità di persone, non si bucano gli schermi, non vengono scaricate le app e poi, giova sempre scimmiottare i re della comunicazione: gli americani, che da sempre “nominano” con nomi di donna, dalle iniziali alfabetiche crescenti, gli uragani caraibici. Il più tristemente noto, in tempi recenti, Katrina. Il fatto è che gli uragani sono fenomeni specifici, che turbano l’andamento meteo atmosferico “normale”; fenomeni che nascono, si sviluppano e muoiono e dunque li possiamo numerare e nominare, uno per uno, dare loro un grado di intensità e ogni anno contare quanti se ne sono verificati. Per il mediterraneo, invece, ciò non vale: vi sono due “strutture” più o meno stabili, dette anticicloni (guarda un po’, il nome dice “l’opposto dei cicloni”), quello atlantico (detto “delle Azzorre”), che si estende spesso d’estate da Ovest verso Est; e quello Africano, che si muove da Sud a Nord.

Nel periodo estivo, a seconda del prevalere dell’uno o dell’altro, su regioni come l’Italia si ha più o meno caldo, di giorno in giorno, di settimana in settimana. Ma non esistono - se non in casi particolari - fenomeni discreti, distinti l’uno dall’altro, che si possano nominare, sia pure usando questo indistinto fritto misto che viene da Omero, Tito Livio, Dante, il racconto mitologico, e chissà che cosa ci riserverà ancora il futuro prossimo; una sorta di collezione di figurine delle medie che si va formando, che impoverisce la descrizione scientificamente corretta dei fenomeni meteorologici specifici del Mediterraneo. All’inizio, oltre a ottenere l’indubbio aumento dei “click” (e dei centesimi associati), questa spettacolarizzazione delle ondate di calore (ecco come si possono, prosaicamente, chiamare) ha avuto l’effetto positivo di attirare l’attenzione sui momenti più critici e di favorire, forse, le misure per salvaguardare salute e ambiente; il fatto è che chi clicca si stanca e molla, se non ha uno stimolo sempre nuovo, una soglia sempre maggiore da attraversare: il web crea dipendenza, si sa, e anche il meteoweb. NocciolaAvremo, chissà, Thor, o Assurbanipal, o la strega Nocciola, fenomeni meteo sulla carta sempre più tremendi, traducibili in “d’estate fa caldo e d’inverno fa freddo", e aumentano o si intensificano i fenomeni estremi, che dimostrano l’esistenza, nel tempo lungo, del cambiamento climatico. Però, gridare “al lupo, al lupo!” come nella fiaba esopica (per non uscire dai dotti riferimenti antichi) alla lunga non spaventerà più nessuno, e anche quel collaterale (e solo ipotizzato) effetto positivo svanirà; diremo: “arriva Tutankhamen? Embè, sarà come i precedenti” e via, secondo una spontanea strategia di adattamento.


Dunque? Non curiamoci troppo di loro, guardiamo e passiamo, semmai utilizzando le nuove tecnologie per diffondere informazioni e previsioni attendibili, non gridate, serie. Le istituzioni pubbliche non hanno l’ossessione di vendere a ogni costo, dunque “possono permettersi” di dire con rigore e attendibilità le cose come stanno. Spiace, non poco, che si faccia strame di grandi pagine della letteratura mondiale, o di miti fondanti della nostra civiltà, ridotte a figurine elementari, puri e vuoti nomi di finzione. Allora meglio, assai meglio chiamare i fenomeni meteo Antonio, Maria, Ugo. Anzi, facciamo così: chiamiamoli tutti Anticiclope, per conservare, almeno un po’, capra e cavoli.

Mauro Bompani
Arpa Emilia-Romagna